“A Siracusa camminavamo nei boschi d’aranci, vedendo fra i tronchi splendere il mare: gli alberi avevano su i rami gli antichi frutti e i nuovi fiori; i petali ci cadevano sul capo come una neve odorante; e noi mordevamo la polpa succulenta come si morde il pane. La voi vorreste vivere! La, la è la gioia!” – G. D’Annunzio – La “Città Morta” – Treves 1900.
Scegliere di fare un’escursione guidata a Siracusa con noi di VisitSiracusa.tours è la soluzione perfetta per quanti vogliano sfruttare ogni singolo istante della propria vacanza. Ognuno di noi, quando sceglie una meta, vuole ritornare a casa con un bagaglio di esperienze uniche. Visitare le attrazioni con una guida turistica esperta che racconta ogni dettaglio e ogni curiosità rende speciale il viaggio e arricchisce la persona. Io e la mia socia, non siamo, però, solo guide esperte. Noi siamo appassionate della Sicilia intera! Per questo motivo, i nostri racconti non riguardano solo la specifica meta che vedremo insieme ma includono riferimenti ad altri luoghi, monumenti, fatti storici che s’intersecano e rendono il discorso più coinvolgente. A questa trama si unisce il racconto emozionale, fatto di esperienze personali maturate durante la nostra carriera. Ci piace trattare i nostri “turisti” come se fossero amici venuti a trovarci. Vogliamo trasmettere il meglio di ciò che abbiamo imparato sulla nostra bella terra. Non mancheranno le risate ma anche qualche momento commovente. Il nostro obiettivo è mandarvi a casa con la voglia di ritornare! Siete pronti a vivere un’esperienza indimenticabile con un bel tour guidato di Siracusa? Partiamo!
Siracusa è la quarta città della Sicilia per abitanti ma è certamente quella più attrattiva e ricca da un punto di vista storico, monumentale e paesaggistico. E’ una città dove il tempo è a misura d’uomo, dove puoi rilassarti e godere dei molti benefici del suo clima. E’ adagiata sulla costa orientale della Sicilia e da molti suoi punti puoi scorgere il Mar Ionio. E’ ricca di corsi d’acqua dolce che, nel corso dei secoli, hanno reso produttiva la sua campagna e hanno levigato dolcemente la pietra calcarea. Comprendete perché questa città è stata la seconda colonia greca della Sicilia e la più grande del mondo antico?
Per rispondere a questa domanda affidiamoci e lasciamoci travolgere dalle parole di Cicerone:
“Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte e inoltre bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare, e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della città. Questi porti hanno ingressi diversi, ma che si congiungono e confluiscono all’altra estremità. Nel punto di contatto, la parte della città chiamata l’isola (Ortigia), separata da un braccio di mare, è però riunita e collegata al resto da uno stretto ponte. La città è così grande da essere considerata come l’unione di quattro città grandissime: una di queste è la già ricordata ‘isola’, che, cinta dai due porti, si spinge fino all’apertura che da accesso ad entrambi. Nell’isola è la reggia che appartenne a Ierone II, ora utilizzata dai pretori, e vi sono molti templi, tra i quali però i più importanti sono di gran lunga quello di Diana e quello di Minerva, ricco di opere d’arte prima dell’arrivo di Verre. All’estremità dell’isola è una sorgente di acqua dolce, chiamata Aretusa, di straordinaria abbondanza, ricolma di pesci, che sarebbe completamente ricoperta dal mare, se non lo impedisse una diga di pietra. L’altra città è chiamata Acradina, dove è un grandissimo Foro, bellissimi portici, un pritaneo ricco di opere d’arte, un’amplissima curia e un notevole tempio di Giove Olimpio; il resto della città, che è occupato da edifici privati, è diviso per tutta la sua lunghezza da una larga via, tagliata da molte vie trasversali. La terza città, chiamata Tycha perché in essa era un antico tempio della Fortuna, contiene un amplissimo ginnasio e molti templi: si tratta di un quartiere molto ricercato e con molte abitazioni. La quarta viene chiamata Neapolis (città nuova), perché costruita per ultima: nella parte più alta di essa è un grandissimo teatro, e inoltre due importanti templi, di Cerere e di Libera, e la statua di Apollo chiamata Temenite, molto bella e grande, che Verre, se avesse potuto, non avrebbe esitato a portar via”.
La visita di Siracusa potrebbe durare giorni per la quantità di cose da vedere. Per brevità, descriveremo, in questo articolo, solo le cose che proponiamo per il tour guidato di Siracusa. Rimandiamo, però, ai singoli articoli, per avere informazioni sulle altre attrazioni. Inoltre, suggeriamo di scriverci privatamente, nel caso in cui voleste cucire una escursione a Siracusa su misura per voi.
La nostra visita inizierà dal parco archeologico della Neapolis, la città nuova, menzionata dal nostro Cicerone.
Neapolis è il quartiere dove i greci concentrarono i grandi edifici pubblici che celebravano la grandezza e la ricchezza della città. Quanto sia bello questo luogo ce lo dice la sua stratificazione storica. Dall’epoca dei greci ai tempi moderni sono avvenute delle trasformazioni, qui, che è possibile leggere chiaramente attraverso i monumenti. La prima tappa, ad accoglierci, è la chiesetta intitolata a San Nicolò di Mira, Santo caro ai Normanni. Dal XVI secolo la chiesa ci viene tramandata come San Nicolò ai Cordari poiché la chiesa era frequentata dalle famiglie della corporazione che, dentro una delle grotte della Neapolis, lavorava la canapa per realizzare le corde. Intorno agli anni ’70 San Nicolò, fu abbandonata e, i suoi sotterranei, divennero una fossa comune. Sotto il piano di calpestio della chiesa si legge, impropriamente, “piscina romana”. In realtà, la piscina è una cisterna di raccolta dell’acqua che serviva per la pulizia dell’anfiteatro che sorge più a sud, rispetto ad essa. La cisterna fu adibita a basilica durante la dominazione bizantina dell’isola (VI e IX secolo D.C.). San Nicolò si presenta come una piccola chiesa a navata unica. Ha un portale laterale con arco acuto e un’abside semicircolare con feritoie, sottili finestre tipiche delle chiesette fortificate del periodo Normanno.
Lasciamoci i grandi ficus Benjamin alle spalle e proseguiamo con la visita guidata delle Latomie. Le Latomie sono costituite da un grande complesso ipogeico, caratterizzato da una lussureggiante vegetazione. Esse erano delle grandi cave ovvero il luogo da cui si estraeva la pietra calcarea utile per la costruzione di edifici. Ma chi era impegnato nell’estrazione di questo materiale?
Adesso, chiudete gli occhi. Provate ad immaginare di eliminare la “lussureggiante vegetazione” e di trovarvi in un luogo chiuso, caratterizzato da pareti rocciose e numerosi tunnel, dove la luce fatica ad entrare.
Per rispondere a questo quesito, affidiamoci, nuovamente, alla parole di Cicerone: “Molti di voi ne hanno sentito parlare e la maggior parte conosce, direttamente, le Latomie di Siracusa. E’ un luogo grande e magnifico, fatto costruire dai re e dai tiranni; completamente ricavato dalla roccia, fino a una straordinaria profondità, lavoro di molti operai. Non c’è e nemmeno si può immaginare niente di cosi chiuso e sicuro da ogni lato, ne così protetto da ogni evasione. Se alcuni devono essere pubblicamente custoditi, si ordina che vengano condotti in queste Latomie anche dalle altre parti della Sicilia”. Dalle parole di Cicerone si evince che le Latomie erano delle vere e proprie carceri e la manodopera impegnata nell’estrazione dei blocchi erano i prigionieri.
La cronologia delle Latomie è complessa perché furono usate per un periodo molto lungo, dai Greci del V secolo a.C. alla conquista di Siracusa da parte dei Romani. Oltre ad essere delle “prigioni di pietra” furono usate come abitazioni e come luoghi di culto e funerari; le tante piccole edicole votive che si vedono, durante il percorso, hanno dimostrato che vi si praticavano riti in onore dei defunti eroizzati. La più grande e celebre è la latomia del Paradiso che include il famoso “orecchio di Dionisio”, una cavità a forma di S, alta più di 25 mt. Ci sarebbe da parlare per ore solo di questa grotta, dei suoi effetti acustici, su chi fosse Dionisio di Siracusa e del perché e da chi fu intitolata a lui.
Ma preferiamo citarvi le parole di Jean Houel, che, nel ‘700, alla vista di questo antro, si pronunciò cosi:
“Alcuni discendono con strumenti musicali che producono improbabili cacofonie, seppure non prive di una loro armonia. La mescolanza dei suoni produce risultati singolari più o meno graditi ai visitatori”. E ancora, la sua descrizione pittorica ci immerge in un mondo di luci e ombre: “La mattina del pomeriggio, il sole penetra in questi antri riproducendo un crepitio di luci. Tiraggi, convergendo su un punto, sfavillano negli interstizi irrorando di una luce chiarissima anche il fondo delle grotte. La luce, al pari del rumore, si ripercuote nelle cavità irregolari profonde rifrangendosi sulle rocce. Provoca gli occhi dello spettatore effetti simili a quelli prodotti sulle orecchie dal suono delle cose quando si perde in lontananza. Provate a immaginare questi giochi di luce e l’intera varietà di colori che il sole, nel suo cammino, produce sulle rocce rese irregolari dalle spaccature: ci si accorgerà quanto sia interessante, suggestivo un tale spettacolo agli occhi di un pittore sensibile”.
Andiamo, è tempo di vedere la grotta dei Cordari e quella del Salnitro.
Vi do due splendide notizie Amici! Fino a pochissimo tempo fa non era possibile visitarle perché non in condizioni di sicurezza. Nemmeno io e la mia socia, pur lavorando da quasi 10 anni a Siracusa, siamo mai riuscite a vederle. Le studiavamo sui libri, le raccontavamo, ma non abbiamo mai potuto oltrepassare quella corda divisoria. Il 2021 ha portato proprio questa meravigliosa novità. Il parco archeologico della Neapolis è stato oggetto di grandi rinnovamenti, tra cui, questo.
Le due grotte sono degli incavi artificiali di pietra calcarea, la cui estrazione iniziò all’epoca dei Greci, come abbiamo già detto. Nel tempo, però, queste due grotte hanno avuto diversi usi: tra questi, la lavorazione delle corde e la preparazione della polvere da sparo.
Le due grotte conservano tutta la bellezza del tempo trascorso. I loro colori (rosa e verde) vi stupiranno e la presenza del Capelvenere (felce) alle loro pareti vi avvolgerà.
La grotta dei Cordari è stata usata per 300 anni. Qui, gli artigiani siracusani hanno tramandato la loro arte di produrre corde con la ruota a mano. Le fibre vegetali usate erano la canapa, il cocco e l’agave; ancor oggi, questa, è una pianta che fa capolino spesso tra le latomie. Le fibre del cocco erano lavorate per produrre tessuti, tappeti, setole, e corde per la navigazione grazie alla loro proprietà di essere robuste e resistenti all’acqua.
Dopo il terribile terremoto del Val di Noto (1693), molte parti sommitali delle pareti rocciose della latomia caddero; il luogo divenne più aperto e molte grotte poterono essere usate da queste corporazioni di mestieri. Se volete avere un’idea più chiara su come lavorassero i maestri cordari basta fare un giretto su YouTube e vedere i filmati dell’epoca dell’istituto Luce e vi ritroverete catapultati in quel tradizionale passato.
La provincia di Siracusa e l’area Iblea, vantano, inoltre, una enorme tradizione di estrazione del salnitro – elemento basilare nella preparazione della polvere da sparo, risultanza di salnitro (70%), carbonella e zolfo. La Sicilia possedeva tutti questi componenti. Il salnitro si deposita proprio sulle pareti umide delle grotte. In Sicilia la sua produzione fu effettuata per mezzo di “letti nitrosi”, composti da strati mescolando terra calcarea con letame, cenere e calcinacci. Immaginate, per un attimo, gli odori terrificanti provenire da questi luoghi! Dopo processi molto lunghi e con tante lavature la sostanza ultima veniva caricata e trasportata grazie ai muli fino ai mulini dove si miscelava, poi, con carbonella e zolfo. Il boom della polvere da sparo è legato alle guerre che videro come teatro il Mar Mediterraneo. L’innovazione con l’uso dei cannoni costrinse le città costiere (quelle siciliane, ad esempio) a irrobustire notevolmente le fortificazioni, dotando le città di numerose torri, bastioni e mura a scarpa che resistessero al lancio delle palle di cannone delle navi nemiche.
Si è fatta l’ora, dobbiamo andare verso il teatro greco, uno, tra quelli esistenti, meglio conservati. Questo luogo, dal 1914, è testimone delle rappresentazioni classiche dell’Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico).
Sembra di poter sentire riecheggiare il dolore di Medea: “Ahi, ho preso a soffrire, disgraziata, ho preso a soffrire pene degne di grandi lamenti: o maledetti figli di madre odiosa, possiate morire con il padre, e tutta la casa vada in malora”.
Il teatro è un luogo di estrema bellezza paesaggistica; dalla terrazza superiore possiamo scorgere tutta Siracusa, il porto Grande, i Monti Iblei. Anche questo monumento ha vissuto molti cambiamenti che vanno dalla sua realizzazione nel V a.C. al XVI secolo, epoca in cui vennero prelevate molte parti per la costruzione delle mura dell’isola di Ortigia e vennero li adagiati i mulini ad acqua, di cui resta un baluardo nei numerosi abbeveratoi per gli asini e nella torre, chiamata affettuosamente “casetta del Mugnaio”.
Attraversiamo una parte della via dei Sepolcri, un tempo “Via dei mulini”, ammirando le numerose edicole votive che affastellano la parete rocciosa. Le piccole cavità, ormai vuote, erano colmate dai Greci del III a.C. con rilievi in pietra calcarea con rappresentazioni relative al culto dei defunti eroizzati. Queste tavolette erano dette Pinakes, “Immagini”.
La via dei Sepolcri conduce alla sommità del colle Temenite, il Colle “sacro”. Prima dei Greci era un luogo di sepoltura; poi, vi si stabilirono i culti delle divinità femminili più amate dai Greci di Sicilia: Demètra e Kore. Numerosi santuari sorsero in tutta la zona, anche nelle aree vicino alla Neapolis e, persino, nell’attuale scenografia del Teatro. Il Teatro, però, iniziò a ingrandirsi e l’unico Santuario dedicato a queste due Dee rimase quello sul punto più alto del colle Temenite.
Il percorso è in salita ma state tranquilli, ad attendervi c’è una sorpresa rinfrescante. Potrete scegliere se ripararvi in una delle tante camere scavate nelle pareti rocciose oppure bagnarvi la testa con l’acqua della fontana del Ninfeo.
Le camere sono delle tombe di famiglia cristiane, presumibilmente risalenti all’epoca della caduta dell’Impero Romano d’Occidente (V secolo d.C.), quando il teatro, ormai, aveva smesso la sua funzione originaria e questa parte della Neapolis divenne un’area cimiteriale. La fontana del Ninfeo si trova a metà della terrazza superiore e, in epoca greca, era inclusa in un loggiato coperto. Uno specchio d’acqua fuoriesce a cascata da un acquedotto realizzato in epoca greca, dopo la vittoria dei Siracusani contro i Cartaginesi avvenuta nel 480 a.C. Il canale Galermi, il cui nome originario è Garelme – buco d’acqua – è stato oggetto di studi a partire dal ‘500 grazie all’opera del monaco Tommaso Fazello.
La sua descrizione è importantissima perché documenta lo stato dei luoghi prima degli interventi del marchese Gaetani di Sortino. L’acquedotto, lungo circa 29 Km., fa un percorso che va dai Monti Iblei fino alla Casa dell’Acqua in Via Galermi, dove devia verso il teatro greco per poi sfociare nella grotta del Ninfeo. Nel 1477 Pietro Gaetani acquisì la Baronia di Sortino e poiché dalle sue terre passava questo antico acquedotto riuscì ad ottenere un accordo col Comune di Siracusa, impegnandosi a portare l’acqua, a sue spese, del fiume Anapo fino a Siracusa, a patto di averne la piena giurisdizione e di potervi installare i mulini.
Il Fazello ricorda così il nostro splendido teatro: “Egli era accerchiato d’intorno intorno di grandissime mura fatte di sassi grossissimi intagliati e aveva parte che guardava verso Tica una fonte che veniva per condotti sotterranei cavati con bellissimo artificio la qual fonte havendo perduto il nome si chiama Saracinamente Garelme che in lingua nostra vuol dire buco d’acqua e hoggi con voce corrota si chiama Galermo”.
E’ ora di tornare indietro per scoprire come la città celebrava altre divinità importanti presso l’Altare di Ierone II.
Siamo nel III secolo a.C. quando a Siracusa e in molte altre città da essa controllate avviene una grande opera di trasformazione e abbellimento degli edifici monumentali. E’ in questa epoca che il nostro teatro viene ingrandito e l’altare assume le sue importanti dimensioni. Purtroppo per noi, ciò che rimane dell’altare è davvero poco e non basta per avere certezze sulla sua cronologia e sulla sua forma. Dal XVI secolo in poi venne smontato poco a poco tanto da renderlo irriconoscibile. Per questo l’opera di scavo degli archeologi, congiunta al loro studio delle fonti antiche, è preziosissima. Ciò che rimane visibile è un grande basamento in pietra calcarea di quasi 200 metri che lo annovera come il più grande altare sacrificale del mondo antico ad oggi conosciuto. Un occhio attento riconosce di fronte al grande basamento una vasca sacrificale e, poco oltre, verso ovest, i resti di un grande portico a tre bracci. Nell’angolo a nord ovest del basamento emergono, ancora, delle edicolette votive, le Pinakes della via dei Sepolcri.
Per questo vorremo che vi faceste raccontare, attraverso una visita guidata di Siracusa, i particolari di questo grande monumento. Solo attraverso i suoi particolari congiunti al racconto storico e alle ipotesi degli studiosi è possibile avere un’idea più chiara dell’altare e di come fosse usato. Ad esempio: Vorreste sapere come venivano svolti, qui, i sacrifici per la divinità? E di quale divinità stiamo parlando? E ancora, da cosa hanno origine i sacrifici? Questo e molto altro sarà possibile scoprirlo solo attraverso la vostra curiosità e il vostro desiderio di conoscenza!
L’ultimo grande manifesto del passato si stanzia davanti a noi, è il Colosseo di Siracusa, ovvero l’Anfiteatro.
Questo edificio pubblico è simile al teatro – nel vocabolo – ma molto molto diverso sia per forma, sia per funzione che per epoca. Esso nasce in epoca romana, ha forma ellittica (e non semicircolare come il teatro!) ed era usato per i giochi gladiatori e le venationes, ovvero le lotte tra gladiatori e animali feroci.
Una storia romana lunga quasi 800 anni sta in mezzo tra la fine dell’epoca greca e la successiva dominazione bizantina. Nonostante sia la più lunga, tra le tante dominazioni subite da Siracusa, molto poco si conosce a livello delle fonti e, di conseguenza, degli edifici realizzati durante questo periodo. L’inizio della presenza romana a Siracusa comincia con l’assedio della città da parte del console Marco Claudio Marcello, che termina nel 211 a.C. con il saccheggio della città, con la morte di Archimede e la depredazione delle opere d’arte della città che vengono portate a Roma. La più autorevole fonte è certamente Cicerone che nelle sue orazioni – le “Verrine” – accusa il governatore Verre di numerose spoliazioni e soprusi contro la città. Nel 21 a.C. Siracusa diventa colonia romana sotto Augusto e lo stesso imperatore ripopola la città inviando molti veterani romani. In ultimo Svetonio racconta che durante la presenza nella città di Caligola, vi furono molti interventi urbanistici (38 d.C.) nella città.
L’anfiteatro venne riportato alla luce nel XIX secolo. Era tramandato dai siracusani col nome di “fossa dei granati” (fossa dei melograni) ed è il più grande di Sicilia. È in gran parte scavato nella roccia, ad esclusione del lato a sud che è, invece, costruito sfruttando il pendio della balza rocciosa. Quasi nulla resta della parte superiore che doveva raggiungere un’altezza di 30 metri dal piano dell’arena. Anche questo monumento è stato smantellato dagli spagnoli nel XVI sec., per costruire le fortificazioni dell’isola di Ortigia. E’ orientato obliquamente rispetto al teatro. Il suo ingresso principale a sud, preceduto da un arco di epoca Augustea, era condizionato dall’asse viario che separava il quartiere di Akradina da quello del quartiere Neapolis; una strada “principale”, in pratica, poiché l’edificio doveva essere raggiungibile facilmente. L’arena conserva, al centro, un sotterraneo, originariamente coperto, collegato attraverso un passaggio con l’estremità meridionale del monumento. Intorno all’arena, sul corridoio coperto voltato, poggiavano i gradini destinati agli spettatori VIP, con i loro nomi iscritti (alcuni del III – IV sec. d.C. sono ancora conservati). A nord si conservano i resti di una fontana. Il rifornimento idrico era assicurato da una grande cisterna, la cosiddetta “piscina romana” sotto la chiesa di San Nicolò di cui abbiamo già parlato. La cronologia dell’edificio è, ancora oggi, motivo di discussione. Molti studiosi propendono nel datarlo all’epoca Augustea, per la tecnica edilizia con opera reticolata usata e per una iscrizione, dai caratteri augustei, che menziona un certo Betilieno, tra i realizzatori dell’anfiteatro. Valerio Massimo ricorda uno spettacolo gladiatorio avvenuto nell’anfiteatro di Siracusa, e un senato consulto emanato nel 58 d.C., che autorizzava i Siracusani a superare il numero di gladiatori normalmente permesso. Inoltre, in un anno impreciso dell’epoca di Augusto o di Tiberio, colloca a Siracusa la morte di un cavaliere romano, Haterius Rufus, per mano di un gladiatore.
Al Museo archeologico Paolo Orsi è possibile ammirare una testa in marmo (rinvenuta all’anfiteatro), ritenuta una copia di età Augustea, mancante del corpo, di una statua colossale del dio della medicina Asclepio.
Sicuramente, per questo come per molti altri edifici in Sicilia, è possibile parlare di diverse ristrutturazioni in vari momenti dell’epoca romana.
L’escursione guidata con noi di VisitSiracusa continuerà con la visita dell’isola magica, Ortigia.
Clicca qui per vedere la seconda parte della Visita Guidata a Siracusa – Ortigia.
Bibliografia:
M.T. Cicerone, “In Verrem”, II.4 – 117,118, 119.
F. Campanelli, Piccola eredità Normanna nella Neapolis di Siracusa – la chiesa di San Nicolò ai cordari.
M.T. Cicerone, “In Verrem”, II.5 – 68.
Jean-Pierre Houël, Voyage Pittoresque des Isle de Sicilie, de Malte, et de Lipari, vol. 3, Paris, 1785.
L. Acerra, Vi racconto tutto sulle Latomie, le antiche cave volute dai Greci.
Sophie Bouffier, Vincent Ollivier, Vincent Dumas, Jean-Louis Paillet, Marcello Turci, et al.. Aux origines du Galermi. Un aqueduc à travers l’Histoire: Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi 20 Ottobre 2017 – 8 Gennaio 2018 / sous la coordination de Sophie Bouffier. Alle origini del Galermi. Un acquedotto attraverso la Storia.
C.Parisi Presicce, Ecatombi nell’area dell’altare di Ierone II a Siracusa in Nuove prospettive della ricerca sulla Sicilia del III secolo a.C. Archeologia, Numismatica, Storia a cura di Caccamo Caltabiano, Campagna, Pinzone.
P. Piazza, la romanizzazione di Siracusa: tra impianto urbano e territorio.
Sebastiano Barresi, Gladiatori in Sicilia, Agorà IX (a. III, Aprile-Giugno 2002).
Sito web: www.antoniorandazzo.it